Roberta Alloisio & Stéphane Casalta – Animantiga

La musica di Per Roberta permea la stanza. Chiudo gli occhi, vedo Roberta Alloisio uscire dagli studi dell’OrangeHome. Ha appena terminato di registrare le voci del suo ultimo lavoro, Animantiga (scritto col cantautore corso Stéphane Casalta e arrangiato dal pianista Giovanni Ceccarelli). Roberta è radiosa, come sempre, forse un poco stanca, ma felice di aver portato a conclusione un progetto a cui tiene, che ha fortemente voluto. Saluta Raffaele Abbate che del disco è produttore. “Ci sentiamo domani, Raffa”. Sorride. Raffaele e Roberta non si sentiranno mai più. Per lei il Destino ha in serbo altri progetti. E non ascolterà mai le note di Per Roberta che Ceccarelli ha scritto appositamente, dopo che lei se n’è andata. Ma la Morte alle volte sa anche essere generosa. Proprio come ne Il mantello, straordinario racconto di Dino Buzzati, ha concesso a Roberta questo ultimo dono, prima di venirla a prendere: finire l’ultimo disco, lasciarci l’ultimo splendido suo ricordo.

Le note di piano sono finite. È tempo di riaprire gli occhi. È tempo di riascoltare dall’inizio Animantiga. Anche se ascoltarlo adesso fa comunque un male tremendo. È tempo di riuscire a scrivere qualcosa. E non è facile. Non solo per l’aspetto emotivo, ma anche perché questo disco (così fortemente voluto da Roberta, certo, ma così tenacemente tenuto insieme anche da Abbate) è di una bellezza che fa quasi male. Una perla rara sospesa nel tempo, fuori dal tempo o quanto meno fuori da questo tempo così caotico. Un disco che va ascoltato in tutta calma, più e più volte per coglierne tutte le sfaccettature, le sfumature.

Dopo aver perlustrato il Mediterraneo con Lengua serpentina (insieme all’Orchestra Bailam), dopo aver “raccontato” Genova con Janua (Targa Tenco nel 2009), dopo essere andata in Argentina per vedere come i genovesi avevano “contaminato” e “snaturato” (secondo Borges) il tango con Xena Tango, Roberta Alloisio sentiva che era tempo di tornare nel Mediterraneo.

In certe giornate particolarmente nitide, da Genova si intravede la costa della Corsica (Kalliste, la più bella, come la chiamavano i Greci). Genova e la Corsica – con il loro carattere così scontroso – si guardano da millenni da lontano, come due sorelle separate, quasi il Fato (ancora questo maledetto Destino) le avesse voluto dividere, concedendo loro di vedersi da lontano solo a tratti e in certi momenti. Momenti da cogliere al volo. Il Mediterraneo di Animantiga, questa volta, insomma parte da qui, dalla Corsica. E dalla consapevolezza che popoli, pur così simili, sono costretti a scorgersi da coste lontane e a parlare lingue diverse.

Il disco si apre con una delle vette più alte di tutto il progetto, la title-track, scritta dal cantautore genovese Paolo Gerbella e cantata da Stéphane Casalta e Roberta Alloisio, dove il pianoforte di Ceccarelli e lo splendido ornamento del coro crea uno strano e affascinante connubio di jazz e word music. Ma il Mediterraneo non è solo costa… è pur sempre mare e quindi va navigato, proprio come fanno i Vascelli del secondo brano (scritto da Patrick Crice). Così ci ritroviamo, questa volta, sulle coste della Turchia, dove all’orizzonte non si intravede altro che Mare Nero (Mare Negru); la canzone è un altro piccolo capolavoro con le voci di Roberta, Casalta ed Esmeralda Sciascia che sembrano rincorrere i virtuosismi di un Armando Corsi quanto mai ispirato (ma non si dimentichi lo splendido lavoro di Luca Falomi). Dormi Colombo è, invece, la reinterpretazione di Ninna nanna, un brano scritto da Gian Piero Alloisio per il Teatro della Tosse. In questa versione si sente però la mano di Abbate che riesce ad amalgamare alla perfezione la chitarra di Corsi con il piano di Ceccarelli e il violoncello straziante di Stefano Cabrera. Ma dal sogno occorre uscire fuori quando ci si risveglia. E quando ci si risveglia si è di nuovo in pieno Mediterraneo. Il dittico MediterraniuSirene rappresenta i due lati di una stessa medaglia: un mare che può essere “furioso sole di cielo turchino”, ma anche fonte di partenze illusorie, di richiami – quelle delle sirene, appunto – che inteneriscono i marinai ma li fanno poi sprofondare.

Strano davvero questo Mediterraneo: un mare che contiene al suo interno altri mari, come sembra ricordarci la struggente strumentale Mar Tirreno (di Giovanni Ceccarelli); se sopra le onde volano i gabbiani, qui sono le voci di Roberta ed Esmeralda Sciascia a sorvolare il piano che fa da strumento guida. Gabbiani che probabilmente riescono ad approdare di nuovo a Genova. Lanterna de Zena è, infatti, un brano popolare già interpretato da Roberta e qui riproposto con un nuovo arrangiamento e impreziosito dall’intervento di Laura Parodi (una delle grandi voci del trallalero – e non solo – genovese).

Come si sarà intuito tutto Animantiga è un continuo viaggio. Oghje e Duma (di Casalta) ci proietta, questa volta, dalle coste del Maghreb a quelle francesi, con la voce recitante di Roberta a rammentarci che i popoli del Mediterraneo sono tanti, ma che, in definitiva, tutti i popoli sono costituiti poi da uomini che da sempre hanno le stesse speranze e le stesse delusioni. Amandulu fiuritu è una canzone corsa scritta nel 1982 da Thiers e Mac Daniel cantata da Jean-Paul Poletti in una veste corale polifonica “a cappella” bellissima, inquietante e struggente al tempo stesso. Restiamo in Corsica, ma cambiamo totalmente mood con Destini di Corsica (sempre di Casalta), che si apre con un incedere di chitarra che ci riavvicina (in quanto a sonorità) ai giorni nostri, forse uno dei momenti più solari dell’intero disco.

Il viaggio sta per giungere al termine. È tempo di tornare a Genova e Roberta lo fa recuperando un brano (Se ‘na mosca) proprio da quel Lengua serpentina da cui il suo lungo viaggio, quale grande interprete della canzone italiana, è partito. Stavolta però non è sola, accanto a sé ha la voce potente di una cantautrice rock come Cristina Nico.

Le note della strumentale Per Roberta – che chiude l’album – ricominciano a riempire l’aria.

A Genova ora Roberta ha davvero terminato il suo viaggio. Ora può riposare tranquilla. A noi rimangono i suoi sorrisi, la sua voce, la sua grazia. E il dolore, nel ricordo, un poco si lenisce.

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