Bocca di Rosa Scese dal Treno a Sant’Ilario. E Fu la Rivoluzione
pp.128 – € 9,90 – ISBN 978 88 95514 83 3
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Prologo (estratto):
La prima volta che sentii parlare di lei dovevo essere poco più di un bambino. Quasi certamente il tramite sarà stato il giradischi dei miei fratelli più grandi. Quando loro erano fuori casa, io – con curiosità mista a paura… (a me non era concesso rovistare tra le loro cose) – andavo a spiare le copertine dei long playing e mi mettevo a leggere i titoli di quelle canzoni che sentivo vibrare da dietro la porta delle loro camere. Ma erano, soprattutto, le foto delle copertine a interessarmi. Alcune mi turbavano e mi affascinavano al tempo stesso; a quei tempi non sapevo nemmeno bene io il perché… lo capii molto dopo. C’era la bella pistolettara vestita da cowboy; della canzone mi incuriosiva solo quello strano amico “culo di gomma”. Ma quei seni… quelli erano difficili da togliere dalla testa. Li vedevo come la Terra promessa tanto agognata che mi sarebbe spettata una volta diventato adulto. C’era l’uomo barbuto e con lo sguardo severo. Sospettavo che vi fosse in lui un qualcosa di ancor più scandaloso e proibito della cowgirl. Da quella voce con la erre moscia inimitabile scaturivano parolacce inusitate per una canzone: “questa gloria da stronzi”; “e un cazzo in culo”; “godo molto di più nell’ubriacarmi oppure a masturbarmi, al limite a scopare”. Ma non erano solo le parolacce a turbarmi. Quel volto era minaccioso e pericoloso, perché apriva scenari “altri” rispetto alla pseudocultura medio-borghese e fascistoide che aleggiava in casa mia. Quel volto parlava di rivoluzioni e di eskimo. Parlava di comunismo ed anarchia. Con la droga, i nemici per eccellenza di mio padre… una montagna ancora “troppo alta da scalare”. E poi c’era lui. Il volto un poco butterato, un occhio semichiuso. Lui, paradossalmente, era il più enigmatico di tutti. Potevo accettare di non comprendere i versi celati dietro la pistolettara; potevo sorridere alle paro-lacce del barbuto con la erre moscia. Ma come facevo a rapportarmi con chi descriveva in maniera così noir l’uomo che per amore uccideva sua madre strappandole il cuore dal petto e poi, sempre per amore, si tagliava le vene? Come facevo a non restare agghiacciato di fronte alla storia della ragazza che scivolava nel fiume a primavera, lasciando il re, senza corona e senza scorta, bussare cent’anni ancora alla sua porta? Ecco, quella voce aveva la capacità inusuale di passare dal registro più basso e concretistico a quello più alto e sublime. Dalla cronaca alla fiaba. E ogni parola, ogni singola parola, era una stilettata che ti penetrava fin nelle ossa. [continua…]
L’amore sacro e l’amor profano… Una lettura simbolica di Bocca di Rosa:
Se è vero che ogni creazione artistica è frutto, in maniera più o meno evidente, del tempo in cui essa nasce, è pur vero che affinché un’opera, poi, sopravviva al proprio tempo occorre che presenti elementi simbolici e archetipici in cui l’Uomo tout court si possa riconoscere. Se Bocca di rosa è persona in carne e ossa, ben inquadrabile nell’Italia bigotta e prude degli anni Sessanta – come avremo modo di vedere meglio in seguito – è, però, al tempo stesso, personaggio portatore di simboli universali e ben inseriti all’interno del sistema ideologico dell’autore De André. Converrà provare, allora, ad allargare il raggio, il campo visivo. Dal particolare all’universale. Anche correndo il rischio, perché no, di forzare la mano. Nel farlo, partirò dal fondo. Da quella scena molto felliniana, da quella scena da processione strapaesana. Quella del parroco che si porta a spasso per il paese l’immagine della Vergine e poco lontano, appunto, Bocca di rosa. L’amore sacro e l’amor profano. Lo spirito e il corpo. Apparentemente due mondi distanti, che il Potere (anche quello cristiano post Sant’Agostino) ha cercato di separare. [continua…]
Appena scesa alla stazione… Una lettura storica di Bocca di Rosa:
Milano, febbraio 1966. Pochi mesi prima che Bocca di rosa scenda alla stazione di Sant’Ilario. Tre studenti del liceo “Parini” – Marco De Poli, Claudia Beltramo Ceppi e Marco Sassano – pubblicano sul giornale scolastico La Zanzara un’inchiesta dal titolo: “Cosa pensano le ragazze d’oggi?”. L’articolo dà voce alle teen-ager del tempo sui più svariati temi, tra cui naturalmente quello sessuale nei vari suoi aspetti: dai rapporti prematrimoniali ai metodi contraccettivi, dalla pornografia al matrimonio. Ne escono considerazioni variegate. Dichiarazioni improntate al moderatismo
«Secondo me in ogni rapporto prematrimoniale e matrimoniale, l’uso della pillola sarebbe un atto di viltà, cioè la si usa perché si ha paura di eventuali conseguenze che invece sono la base e il fine dell’unione. Non mi basta essere convinta dell’amore che provo per un uomo e il viverlo pienamente, ho assoluto bisogno di una prova continua di questo amore che secondo me può essere rappresentata solo da un figlio».
si affiancano a considerazioni di stampo opposto:
«Pongo dei limiti [ai rapporti prematrimoniali] solo perché non voglio correre il rischio di avere conseguenze. Ma se potessi usare liberamente gli anticoncezionali non avrei problemi di limiti». [continua…]
Il sesso e il silenzio: il comune senso del pudore
Di sesso, nel secondo dopoguerra in Italia, non si parla, figuriamoci, poi, esibirlo. La legge parla chiaro:
Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri atti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni […]. Tale pena si applica inoltre a chi: 1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo; 2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità…
Articolo 528 del Codice Penale.
Anzi non parla chiaro affatto. Perché:
Agli effetti della legge penale, si considerano «osceni» gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
Articolo 529.
Il comune sentimento, il pudore, la pubblica morale rientrano, infatti, in quel campo che la giurisdizione ha difficoltà a inquadrare. Se esistono norme universalmente valide (non uccidere, non rubare), ve ne sono altre invece lasciate all’interpretazione del giurista in rapporto a quelli che sono i costumi dell’epoca. La morale di ieri non è la morale di oggi. Ma, allora, qual è la morale? [continua…]
Sesso e procreazione:
metodi contraccettivi e aborto
Se sesso deve essere, che sesso sia, però vincolato sempre e comunque al fine per cui esso esiste: la procreazione… “Feconda una donna ogni volta che l’ami/ così sarai uomo di fede”. La Chiesa su questo punto sembra irremovibile. Già nel 1930, con l’enciclica Casti Connubii, Pio XI bolla come abominevole la contraccezione e l’aborto:
E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta”.
Nel 1951 Pio XII ribadirà tale posizione, affermando che “l’unico metodo contraccettivo è la castità. Eppure anche nella Chiesa, seppur molto lentamente, qualcosa sembra cambiare. Sempre Pio XII ammette che i coniugi possono essere esentati dal procreare quando si presentano gravi motivi di carattere medico o economico. A poco a poco si fa strada, soprattutto, l’accettazione del fatto che il sesso può anche essere una pratica piacevole, compiuta per il solo soddisfacimento psico-fisico, svincolata dalla procreazione. A togliere d’impiccio il Vaticano ci pensano due ginecologi, Kyusaku Ogino e Hermann Knaus. [continua…]
Sesso e matrimonio:
adulterio, tradimento e delitto d’onore
Da quanto detto prima si deduce che il sesso, almeno fino al Sessantotto, è possibile solo ed esclusivamente all’interno del matrimonio. Il matrimonio, e solo quello, crea la famiglia, caposaldo della società. Esso è indissolubile, perché un giuramento è per sempre, vincolante. Come noto, occorrerà attendere il 1 dicembre 1970 perché la legge n. 898 sul divorzio entri in vigore. Nel giugno 1971 il fronte antidivorzista inizia la raccolta delle firme per il referendum abrogativo. Fabrizio ne trarrà, a modo suo, spunto per una canzone sulla fine di un amore adulterino… “Tua madre ce l’ha molto con me/ perché sono sposato e in più canto”. Ma torniamo al sesso. Se è vero che esso è concepito solo all’interno del matrimonio, le cose cambiano enormemente se a “trasgredire” sono gli uomini o le donne. La verginità femminile prematrimoniale è valore assoluto ancora negli anni Cinquanta; qualche crepa – come visto nel caso Zanzara – si apre negli anni Sessanta; crepe che diventano brecce nei Settanta, quando non solo le ragazze possono parlare di sesso, ma anche praticarlo liberamente. In tal modo, “l’ossessione della verginità viene a poco a poco sostituita dall’ossessione per l’orgasmo”. [continua…]
C’è chi l’amore lo fa per noia… Alla ricerca di Bocca di Rosa:
Quando un nome proprio si tramuta nel tempo in nome comune (o in aggettivo), vuol dire che è successo qualcosa nella percezione che l’opinione pubblica ha di quel nome. Vi è stata una trasfigurazione, uno scarto, uno slittamento semantico. La persona che portava quel nome non è più – malgrado lui/lei – quella persona: è diventata qualcos’altro. Da persona a personaggio, da esistente a epiteto, antonomasia che spesso con l’originale non ha più nulla da spartire. [continua…]
La pista genovese o della prostituzione
Via del Campo, la città vecchia, l’angiporto. Non si poteva che partire da qui. Genova. O meglio, la Genova proibita – e proprio per questo visitatissima – per il figlio di buona famiglia Fabrizio De André. Ecco, Bocca di rosa Fabrizio l’avrebbe conosciuta qui, da queste parti. Come Anna “la Gorilla”, con cui la “relazione durò circa un anno e mezzo, dal ’60 al ’61” (Viva 2000:65), Joséphine, apparentemente “una bellissima ragazza bionda”, ma che egli scopre essere, poi, Giuseppe, “un uomo, [non] ancora andato a Casablanca” (Romana 1991:32). Ne sembra convinto Marco Preve, che su Repubblica del 4 gennaio 2001 così descrive il funerale dell’ultima “graziosa” di Via del Campo, Morena:
A dare l’ultimo saluto alla Morena, la “graziosa” di via del Campo, c’erano poche amiche dei tempi gloriosi: la Ursula, Anna la barese, Natasha. La Topolina e la Cabiria sono rimaste a casa bloccate dagli acciacchi dell’età, mentre Marilyn che era la Bocca di Rosa, aveva lasciato questo mondo qualche anno prima del suo cantore, Fabrizio De André.
[continua…]
La pista istriana o dell’amore universale
[C’era] Fabrizio, un ragazzo ricco, magro e intelligente, che da qualche anno si era messo a scrivere canzoni e aveva già inciso due dischi di successo. E [c’era] Maritza, un’istriana bionda, alta, dalla bellezza fredda, che si muoveva con la sicurezza di un maschio e che da quando era arrivata a Genova per togliersi la voglia di Fabrizio e ridimensionarne il mito, si era fatta quasi tutti i suoi amici, senza curarsi di ciò che altri chiamavano reputazione, che lei considerava una quotidiana insopportabile ginnastica di ipocrite cerimonie, di improbabili e perciò stesso sordide millantate astinenze.
Nel 1996, Einaudi dà alle stampe il primo e, purtroppo, unico, romanzo di Fabrizio De André, Un destino ridicolo, scritto a quattro mani con Alessandro Gennari. Tra i protagonisti della vicenda ci sono anche loro: Fabrizio, Alessandro… e Maritza. Vediamo come il personaggio Fabrizio ricorda, nel libro, il primo incontro con lei: [continua…]
La pista francese o dell’invenzione artistica
Francia, primi anni Cinquanta, George Brassens scrive una canzone che suscita, come spesso gli accade, un certo scalpore, ma che è anche un grande successo: Brave Margot. Vi si racconta la storia di Margot/Margheritina, una ragazza di un paesino francese che, trovato un gattino affamato, decide di allattarlo col suo seno:
Margheritina la pastorella,
trovando nell’erba un gattino
che aveva appena perso la madre,
lo adottò…
Slaccia il suo corpetto
e lo adagia contro il seno:
era tutto ciò che aveva, poverina:
come cuscino…
Il gatto, prendendola per sua madre,
si mise a poppare a tutto spiano.
Nel giro di poco tempo tutti gli uomini vanno a spiare il seno di Margot che allatta: [continua…]
E dissero senza parafrasare… Dentro il testo di Bocca di rosa:
Auguste Dupin è, molto probabilmente, il primo detective della letteratura moderna. Dupin è il protagonista di tre racconti di Edgar Allan Poe. In uno di questi – La lettera trafugata – ha il compito di recuperare una lettera scomparsa; lettera di fondamentale importanza per risolvere un delicato caso di ricatto politico. I poliziotti parigini hanno già cercato per giorni, senza successo, nella casa del ladro. Dupin è un logico-razionalista; ci mette poco tempo a capire che il metodo migliore per celare qualcosa è quello di porlo sotto gli occhi di chi cerca, perché il più delle volte gli uomini è proprio nell’ovvio che non riescono più a scorgere ciò a cui danno la caccia. Evidentemente per troppa abitudine, gli occhi si intorpidiscono, si assuefanno, rimandando al cervello immagini viste decine di volte, senza più riconoscere i particolari. Proprio grazie a tale intuizione, Dupin riesce a recuperare la lettera, posta in un portacarte appeso al camino della stanza del ladro. Qualcosa di simile accade nell’analizzare ogni singolo passaggio di Bocca di rosa. Ci si obbliga, in qualche modo, a riascoltare parole ormai assimilate in decine di ascolti, mandate a memoria in decine di strimpellate con la chitarra, come fosse la prima volta; come se tali parole fossero vergini, nuove. [continua…]
Ma una notizia un po’ originale… Le curiosità di Bocca di rosa:
Appena scesa alla stazione del paesino di Sant’Ilario…
Forse non tutti lo sanno, ma la stazione di Sant’Ilario non esiste, o – per meglio dire – non esiste più. È stata soppressa, infatti, nell’estate del 1959 perché troppo vicina alle adiacenti stazioni di Bogliasco e di Nervi. Oggi la biglietteria e la sala d’attesa sono adibite ad abitazione privata. I proprietari, ormai, sono avvezzi ai curiosi e ai turisti che vanno a scattare foto alla facciata, la quale conserva ancora la scritta: “11 Genova – S.Ilario”. Nel 2005 la Società Sportiva Sant’Ilario, per festeggiare il suo sessantesimo anniversario, decise di ricordare Bocca di rosa con una manifestazione musicale, proprio a ridosso della stazione, dal titolo: “C’era un cartello giallo con una scritta nera…”. Per l’occasione Max Manfredi – con cui De André aveva inciso nel 1994 la splendida Fiera della Maddalena – compose questo “Acrostico rosa”:
Breve la vita del fiore alla prosa
Ostico, e caro al labbro dei poeti.
Certo il labbro, allorquando bacia ed osa
Coglie quel fior, fra pregiudizi e caeti!
[continua…]
“Spesso gli sbirri” o “Il cuore tenero”?
La questione è una di quelle da far accapponare la pelle anche al più scafato filologo. Oggetto di numerose e, spesso, fantasiose ricostruzioni sul web da parte dei cibernauti deandreiani. Peggio dell’uovo e della gallina. Ovviamente il riferimento è ai versi autocensurati sui carabinieri. [continua…]
Le tante Bocca di rosa…
Sono più di venticinque le Bocca di rosa. Tante sono, infatti, le cover incise della canzone di De André. Le interpretazioni coprono un po’ tutto “l’arco costituzionale” della discografia italiana. Dalle grandi interpreti femminili (Anna Oxa e Ornella Vanoni) ai cantautori (Roberto Vecchioni); dal rock demenziale (gli Skiantos) al jazz (Musica nuda); dall’orchestra (Malinda Mai) alle band-tributo (I Mercanti di liquore, i quali hanno poi preso strade affatto autonome rispetto alla produzione deandreiana). [continua…]
…e le altre Bocca di rosa
Sarà perché è evocativo, sarò perché suscita una certa pruderia, ma non v’è dubbio che il nome Bocca di rosa ottiene grande favore tra i cineasti, editori, pittori e “creativi” vari. Vediamo qualche esempio, partendo dal cinema. [continua…]