Intervista a Carlo Marrale
Carlo, facciamo un salto indietro nel tempo, ma prima dei Matia Bazar quando i Jet muovono i primi passi all’interno della musica Progressive. Un genere che al tempo aveva davvero un grande seguito…
La bellezza degli anni Settanta era che c’era tanta gente che suonava e il linguaggio di chi suonava allora era appunto il progressive: era il suono di quegli anni. A me personalmente veniva anche bene comporre musiche di quel genere, però la mia vera vocazione di scrittore di musiche e di canzoni era piu’ melodica e si e’ rivelata con Stasera che sera, una canzone a cui sono molto legato. Anche perché ha dato il “la” ha molte altre mie canzoni per i Matia Bazar che sono diventati dei successi anche internazionali: Per un’ora d’amore, Che male fa, Mr. Mandarino (nata una notte proprio nelle sale di Sturla), C’e’ tutto un mondo intorno, vacanze romane, Ti sento…
Stasera che sera è una canzone che ha quindi segnato un po’ una svolta nella tua carriera.
Sì, ricordo ancora perfettamente quando nacque: il 1 gennaio del 1975. Stavo tornando da un capodanno passato insieme agli altri ragazzi del gruppo; per farmi passare i postumi della notte brava (ero tornato alle 5 del pomeriggio a casa!) ho preso la chitarra e le prime note che mi sono venute fuori sono state proprio quelle di Stasera che sera, da lì a qualche giorno è nata la canzone. È come se l’avessi già avuta in testa, è difficile da spiegare. Ce l’avevo già nel mio cervello, nel mio hard disk già frullava da tempo.
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Come mai avvenne poi la “conversione “verso la forma canzone più tradizionale, più fruibile?
Credo che in sostanza abbiamo seguito quello che era la nostra vena di melodisti, parlo di me ma anche di Piero. Un disco come Fede, speranza e carità è un disco bello, l’ho sentito ancora poco tempo fa, suona bene, c’erano delle parti intelligenti. Però credo che la nostra vera anima è quella che si è espressa dopo. È quella che io chiamo la via diretta del cuore
Ma la scelta di trovare una voce femminile era legata a questo nuovo indirizzo musicale?
No, guarda è stato casuale. Si dice che il caso non esiste, ma in certe circostanze… il caso aiuta! Abbiamo conosciuto Antonella Ruggero ad un concerto della Pfm in un locale di Sampierdarena. Siccome noi suonavamo in questo locale avevamo accesso dietro le quinte. Quando siamo tornati al nostro tavolo ho notato questa ragazza carinissima con il nostro produttore dell’epoca, Piero Palmieri. Lui ci disse che lei cantava, ma era un po’ scettico anche perché in quegli anni praticamente non c’erano donne nei gruppi musicali, almeno in Italia. Le demmo appuntamento il giorno dopo a Molassana, dove noi facevamo le prove di Fede, speranza e carità. Piero le chiese cosa volesse cantare e lei iniziò a capella You’ve got a friend. Con il suo timbro particolare ci conquistò subito e iniziò a collaborare come vocalista aggiunta. La sua voce venne aggiunta come colore ad un progetto che però era maschile. Finito quell’esperimento, inizio’ la storia dei M.B. con Stasera che sera e Cavallo bianco…
Forse il caso non esiste, però sembra quasi che la voce di Antonella non aspettasse altro di trovare la vena creativa di due formidabili compositori di melodie come te e Cassano.
La vita in effetti è piena di momenti così, quelli in cui serve solo una scintilla che faccia da detonatore a nuove situazioni. Le cose importanti che avvengono sono sempre il frutto di varie energie che si trovano. Questo ti fa toccare con mano la potenzialità dell’interazione tra le persone.
La nascita dei gruppi è sempre il frutto di questo miracolo. Pensiamo, per restare a Genova, ai New Trolls e all’incontro tra De Scalzi e Di Palo.
Certo, anche se poi parlando dei New Trolls si rischia di perdere di vista l’apporto degli altri membri. Pensa a D’Adamo, per esempio, che forse era il meno dotato musicalmente, da un punto di vista puramente tecnico, ma che era l’anima del gruppo, quello che teneva insieme le sue varie componenti. Un po’ come è stato Aldo Stellita per noi. Anche lui magari non eccelleva nello strumento, ma aveva una grande sensibilità e una grande intelligenza. In qualche modo è lui che ha tenuto insieme i Matia Bazar. Io mi riconosco il merito di aver scritto delle canzoni belle per il progetto Matia Bazar, ma il merito essenziale della nascita e sopravvivenza del gruppo è di Aldo Stellita, per il suo impegno, per la sua costanza… anche perché noi eravamo un po’ matti in quel periodo.
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Come mai De André scelse proprio la vostra sala[per le prove del tour 1975]?
Credo fosse un fatto di comodità. Non esistevano molte sale allora a Genova, mi ricordo che venivano da noi persino da Sampierdarena. Sai, una volta c’erano delle sale prove, come quella dei Fratelli Gaggero in Via Lomellini, che erano rimaste – anche come look – agli anni Cinquanta, con gli strumenti dell’epoca. Lì andavano a provare le orchestrine che poi sarebbero andate a suonare nelle navi da crociera. Da bambino a me piaceva frequentare queste sale proprio perché ero affascinato dall’aria che vi si repirava e dai musicisti che portavano dagli Stati Uniti qualche Stratocaster o batterie intere che poi rivendevano a metà prezzo, tutti strumenti che qui erano quasi introvabili. Insomma queste sale negli anni Settanta erano un po’ superate come strumentazioni.
Anche perché davvero in quel periodo si assiste ad un proliferare di gruppi musicali…
Sì, la fortuna della mia generazione è stata quella di essere stata travolta da questo tsunami musicale, in ogni quartiere c’erano gruppi che suonavano… un periodo davvero irripetibile. La musica aveva e ha questa capacità di aprire la mente a spazi immateriali, dilata la creatività. Al di là poi dei risultati, si suonava per pura gioia di suonare.
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Per concludere questa nostra chiacchierata ti facciamo una domanda che implica un bel salto temporale. Come mai nel 1993 Carlo Marrale decide di lasciare i Matia Bazar?
Perché era saltato una sorta di equilibrio interno. Ero rimasto in ottimi rapporti con Aldo, però sentivo che si era rotto qualcosa.
L’uscita di Antonella Ruggero – avvenuta nel 1989 – aveva spezzato certi equilibri?
Sì, ha proprio squilibrato un’asse. I Matia Bazar stavano diventando un’altra cosa e per onestà nei confronti di me stesso e di Aldo ho deciso di fermarmi. Mi svegliavo alla mattina che non ero felice, non mi sembrava giusta questa cosa, perché ritengo la musica il lavoro più bello del mondo e in più era sempre stato il sogno della mia vita quello di far sentire in giro le mie cose… io per continuare a suonare ho fatto mille lavori e sacrifici e quando ho sentito che non c’era più dentro di me la gioia di suonare insieme al resto della band, ho deciso a per onesta’ nei miei confronti e del nostro pubblico a malincuore di rassegnare le dimissioni …..
(Estratto da Genova. Storie di canzoni e cantautori)