Roberta Alloisio – Xena Tango

Recensire questo splendido nuovo lavoro di Roberta Alloisio è impresa che travalica la semplice analisi del disco.

Perché XenaTango è anche – senza nessuna presunzione “intellettualoide”, intendiamoci – un piccolo “saggio” sul rapporto dei genovesi con l’Argentina e con il tango. Un piccolo compendio sulla nostalgia (il “magon”) che prende gli abitanti del capoluogo ligure quando oltrepassano i Giovi (figurarsi l’Atlantico!). Un viaggio nell’emigrazione ligure (e non solo) di inizio Novecento. Insomma, un lavoro a tutto tondo che ha impegnato Alloisio per più di un anno tra studi “matti e disperatissimi” sul tango, tra collegamenti notturni su Skype con gli altri autori del progetto e viaggi a Buonos Aires.

Ma procediamo con ordine: tutti sanno che il tango è il ballo tipico argentino. Pochi sanno – forse – che all’inizio del Novecento centinaia di genovesi emigrarono in Argentina in cerca di fortuna (o più precisamente per sfuggire alla sfortuna) dando origine al quartiere della Boca. Ma i genovesi nella loro valigia di cartone porteranno con sé strumenti musicali… oltre al “magon”. Lì impararono a mischiare la loro tradizione popolare musicale con la musica locale (il tango, appunto), il dialetto genovese con lo spagnolo. Ed ecco che il quartiere della Boca diventò Xena, storpiatura del nome Zena-Genova. E i genovesi d’Argentina i Xeneisi (e così sono ancora chiamati i tifosi del Boca Juniors). I puristi del tango non la presero bene. Come il grande scrittore Luis Borges che accusò in Evaristo Carriego, appunto, i genovesi di averlo snaturato e degenerato il tango. L’idea del progetto XenaTango nasce in qualche modo proprio da lì: “Stavo cercando da tempo una risposta plausibile alla provocazione di Borges che non sopportava il fatto che il vero tango avesse perso la sua purezza per via dei genovesi. (…) Così ho caricato le mie valigie piene di studi, appunti e musiche e mi sono imbarcata nel progetto Xena Tango”. Così quasi casualmente Roberta entra in contatto con Pablo Banchero, uno dei tangheri argentini più importanti degli ultimi anni e – guarda caso – pronipote di emigranti genovesi. I due decidono di rimettere mano ad alcuni tanghi storici come El día que me quieras di Le Pera, Caminito di Juan de Dios Filiberto (storico compositore di origini genovesi) e Cansón da Cheullia nientemeno di quel Mario Cappello autore di quell’inno della genovesità che è Ma se ghe pensu. Ma un po’ per volta il progetto si allarga. Prima di tutto perché Alloisio e Banchero coinvolgono, negli arrangiamenti, niente meno che due mostri sacri della musica come Walter Ríos e Luis Bacalov. E poi perché Alloisio non vuole proporre un progetto in qualche modo di mero recupero, fare insomma un disco d’antan: “Mi piaceva l’idea che, non paghi di averlo rovinato, imiei concittadini tornassero sul luogo del delitto”. Vengono così coinvolti alcuni dei più importanti compositori genovesi contemporanei come Carlo Marrale(Paloma y Corazòn), Vittorio De Scalzi(Barbon) e Gian Piero Alloisio (Sposa, Mi no veuggio ëse mi). Per l’occasione Roberta Alloisio recupera un inedito di Umberto Bindi con il testo del fratello Gian Piero (Madre). Impresa nell’impresa, a chiudere il disco compare anche (ma come poteva essere altrimenti?) Italiani d’Argentina di Ivano Fossati, reinterpretata per l’occasione in chiave tanghera. E sempre a proposito di musicisti genovesi “illustri” da segnalare anche la presenza alle chitarre di Armando Corsi.

Ne esce fuori un disco memorabile, con velleità (finalmente!) internazionali che è anche cofanetto con DVD e, a breve, libro cartaceo. Un lavoro da ascoltare in una brumosa giornata di novembre per farsi assalire dal “magon”, per lasciare scorrere le emozioni e – perché no – le lacrime; in cui predomina il tema della lontananza e del distacco. Perché, infondo, siamo tutti emigranti di una Terra Promessa interiore, di un Altrove dell’Anima. Sradicati, deraciné da un qualcosa che appena nati ci era stato promesso e garantito. E che Roberta Alloisio cerca di restituirci con la sua voce.

Pubblicato su http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/xenatango/

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