Sindrome di Peter Pan – Sempre Scattando Sempre in Movimento

Esce finalmente anche in formato cd il primo convincete lavoro del gruppo siciliano Sindrome di Peter Pan, dopo essere stato disponibile per diverso tempo sulle piattaforme digitali. Un lavoro che forse non ha nell’originalità il suo punto di forza, ma che dimostra la grande vitalità e la freschezza di una band che spazia (e spiazza) in continuazione da un genere all’altro.

Si incomincia con Benvenuti a Babele, un brano dalle cadenze rock assimilabile all’ultimo periodo dei Litfiba. L’accostamento tra la nostra società e la Babele biblica (ma ho l’impressione che sotto il gruppo volesse sottintendere anche Sodoma e Gomorra) in cui nessuno riesce più a capirsi (e quindi realmente a comunicare) forse non è nuovissima (vedi Bennato), ma risulta estremamente efficace. Con Solamente un suono ci muoviamo su sonorità decisamente più pop ed easy listening (l’incipit può ricordare Il battito animale di Raf), ma il poderoso refrain è davvero trascinante. Il disco gira bene e, come detto, cambia continuamente tono, tra ballate rock-folk (In un attimo), pop (Le nuove stagioni) e accenni persino ska (Gambe all’aria). E a proposito di affinità, ha certo qualche riferimento al conterraneo Massimo Bubola, forse più inconscio che voluto, l’interessante Fiore di primavera (che riprende oltretutto la struttura ad anadiplosi tipica delle filastrocche, come Volta la carta di deandreiana memoria).

Sempre scattando sempre in movimento è un viaggio continuo tra pubblico e privato, tra dentro e fuori, tra intimo e sociale. Fuori c’è un mondo pericoloso, anche se in apparenza i suoi messaggi sono rassicuranti, fatto di nubi nere all’orizzonte: “Ma carichi di pioggia all’orizzonte/ minacciano il sereno/ mi devo allontanare in fretta/ non si prevedeva la tempesta/ devo trovare asilo/ sperando che al più presto smetta” (L’intrepido fobico). Se il mondo è caos, violenza e legge del più forte allora davvero non c’è posto per chi presenta altri valori: “Con lo zaino pieno in spalla abbiamo cercato un nuovo mondo/ ma era già occupato e il sindaco ci disse: «vi rispondo/ con un bel cartello in mano in cui c’è scritto/ qui non c’è più posto per voi»” (Qui non c’è posto per noi).

L’unica soluzione potrebbe forse essere l’amore. Ma proprio l’amore si presenta come un sentimento fragile e incerto. E allora non è un caso che l’ultimo tassello del disco sia Elisa, un brano completamente acustico (quasi fosse una demo): se lei è l’ancora di salvataggio, la sua presenza sembra  tanto sgranato e illeggibile… come il suo testo nel booklet reso inintelligibile dalla sfocatura.

Link:

http://www.sindromedipeterpan.it 

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