Oliviero Malaspina – Malaspina

“Poi diedero la parola agli innocenti/ ed il silenzio fu terrificante”. Il distico – a mo’ di esergo (recitato dalla voce di Teresa Draghi) – di Poi che apre Malaspina sembra non lasciare nessuna speranza.

Quello che ci descrive Oliviero Malaspina in questo nuovo – attesissimo – album è un mondo senza futuro, uno scenario post atomico, in cui troviamo brandelli di una civiltà distrutta da se stessa: “L’ipocrisia dei figli accetta/ le innocenti menzogne dei padri” (Migranti). Abitato da uomini che hanno perso la loro umanità (se mai l’hanno avuta), da una finanza che ha reso tutto merce e scambio, da una politica che è diventata davvero “solo far carriera”: “A cosa ti serve il denaro/ se dentro di te c’è il deserto?” (Il vuoto). Come in una sorta di racconto fantasy – La storia infinita – il Vuoto (e quindi il non senso) si fa spazio, lascia terra bruciata dietro di sé: “Fa paura questo freddo dell’anima./ Fa paura questo odio nel mondo./ Fa paura questo vuoto che avanza./ Fa paura quasi tutto qui intorno. “(Il vuoto). Un disco apparentemente pessimista, insomma, che non sembra lasciare nessuna illusione. E invece, giunti alla dodicesima traccia (Dopo) ci si rende conto che non è così. Questo Malaspina deve essere letto come una sorta di romanzo in divenire, forse come un concept album. Perché sacche di resistenza si annidano ancora nel DNA di alcuni di noi. A poco a poco la speranza si fa strada. Dopo diviene l’epitome del disco, perché davvero ci parla di un’umanità che può essere salvata. Ma, attenzione, per arrivare a Dopo, partendo da Poi, occorre attraversare tutto il disco, tutte le altre dieci tracce.

Insomma, ‘poi’ e ‘dopo’ sembrano apparentemente due avverbi sinonimi. Ma non lo sono. E non lo sono, perché Oliviero Malaspina ci prende per mano e ci accompagna lungo queste sacche di resistenza. Alle volte la speranza si annida nel ricordo, in un passato (in cui si poteva ancora sognare) che va riscoperto: “Vivevo la meraviglia/ di un’infanzia immaginaria/ pesante come un sogno nuovo” (Vostra Signora dei fiori). Oppure nell’adolescenza ancora pura e incontaminata dal Male. O, ancora, nell’amore, che – come spesso succede nella poetica di Malaspina – diventa assoluto e totalizzante: “Ci stringemmo in un abbraccio disperato/ che contemplava/ la morsa del gelo” (In viaggio, fermi), “Amami senza pensare/ che il tempo non ci potrebbe bastare/ …/ dentro ai tuoi occhi/ c’è un segno di luce/ proprio tra cenere e nuvole” (La strada). E proprio la cenere e le nuvole diventano in qualche modo il correlativo oggettivo dei mondi possibili. Quello terreno fatto di muri che sanno di piscio, di calcinacci, di distruzione (ma anche dei tanto amati ragazzi di vita) e quello del cielo dove potrebbe trovarsi un qualche dio che – almeno – ci possa ascoltare. Perché, alla fine, questo nuovo lavoro del cantautore di Pavia vive davvero tra queste due tensioni: la prosaicità e l’anelito alla spiritualità. E non è certo un caso che a una sommaria analisi lessicale si riscontrino così tanti termini legati in qualche modo al mondo religioso (miracoli, bestemmie, preghiere, Cristi…). Ed è proprio un dio – da non confondere necessariamente con Dio – che Malaspina spesso chiama, invoca, quasi implora. Ecco allora la bellissima preghiera al “Signore dei naufragi”, “degli innocenti”, “dei mari”, “del semibuio” di E dell’infinito fine. Ma, in ultima istanza, spetta a noi farci protettori (e quindi dio) dei nostri simili, di chi amiamo: “Ma tu non cammini da solo ragazzo/ non hai mai posato un piede/ senza che sotto le suole sgualcite/ ci fosse la mia preghiera/ oppure il suono della mia bestemmia” (Vostra Signora dei fiori).

Non c’è dubbio che si sentono eccome certe influenze – a livello ideologico e poetico – pasoliniane e, soprattutto, deandreiane (“E sanno il poco merito della virtù/ la poca colpa dell’errore”). Ma anche in questo caso non si cada nell’errore di pensare che il cantautore riprenda solo queste idee. Anzi, per certi aspetti Malaspina sembra davvero la continuazione di un dialogo con Faber che il destino ha bruscamente interrotto (come si sa, infatti, Oliviero Malaspina stava lavorando a diversi progetti con il cantautore genovese).

Un lavoro molto ricco anche musicalmente che spazia da una certa influenza fossatiana (Vita ancora viva) a Piero Ciampi (Il vuoto), passando per venature più rock o ballate autorali.

Da ascoltare – da Poi a Dopo – tutto d’un fiato, perché “nelle feritoie del cuore, negli anfratti dell’anima/ c’è come un anelito di salvezza”.

Pubblicato su http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/malaspina/

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