Paolo Saporiti – L’Ultimo Ricatto

Titolo italiano per 12 tracce in inglese, un lavoro ricchissimo e intenso. Già la foto di copertina è paradigmatica: sul ciglio di una strada una macchina che prosegue nonostante un incendio stia divampando lì attorno. Come dire: la vita deve andare avanti anche nelle sofferenze e nei problemi. Un album, dicevamo, intensissimo, in cui Saporiti riesce a mescolare in maniera esemplare musica e voce. Anzi, la voce diventa essa stessa strumento evocativo ed espressivo. In diverse canzoni si crea – anche grazie all’ottimo lavoro di Xabier Iriondo (già negli Afterhours) – una sorta di “scontro” ossimorico tra la limpidezza della voce di Saporiti e i suoni distorti (al limite della saturazione), oppure può accadere l’esatto contrario come nella splendida “F.R.I.P.P.”. A farla da padrona è la chitarra acustica, anche se il disco si apre con l’arpeggio di piano del piccolo gioiellino “Deep down the water”. Diversi i riferimenti musicali presenti nel disco, anche se non c’è dubbio che Saporiti si ispiri alla grande tradizione folk americana degli anni Settanta che lui sa rielaborare in chiave modernissima (penso al frenetico ritmo valzerato di “We’re the fuel”). Affidato alle sapienti mani del co produttore dell’album e recording engineer Raffaele Abbate, “L’ultimo ricatto” – pubblicato da OrangeHomeRecords – è stato registrato sui colli genovesi, lontano dalla città e dai suoi rumori. Sembra un paradosso, perché invece le canzoni sono pregne di “rumori”… ma è un paradosso solo apparente perché la melodia si fa comunque strada attraverso questi “rumori” (anzi, li avvolge e li rende parti stesse della melodia) proprio come la macchina che continua il suo percorso nonostante le fiamme.”).

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