Karen Ciaccia – Liberi Confini

È un piccolo diario intimo questo primo album, Liberi confini, della cantautrice genovese Karen Ciaccia. Un diario intimo e intimistico tutto suonato e cantato in punta di piedi; quasi assenti batteria e chitarre elettriche, molta chitarra classica e acustica. Se la definizione avesse un senso anche per la musica leggera, quella di Ciaccia la si potrebbe definire musica da camera. Karen predilige sonorità acustiche e in qualche modo ovattate, la ballata – anche di ispirazione folk, con l’armonica spesso a fare da contrappunto alla voce – è la forma maggiormente presente. In Liberi confini Karen si racconta senza reticenze e falsi pudori. Di fronte ai dolori della vita, ai piccoli e grandi tradimenti (in A porta chiusa), a incomprensioni, a incontri e occasioni mancati (in Alla fiera delle occasioni) , vi è una sorta di ripiegamento su se stessi, una fuga pascoliana (anche nel titolo, Pane burro e marmellata, che può ricordare una strofa di Nebbia) verso un eden perduto per sempre, quello della propria infanzia. Tutti i brani sono cantati in prima persona, non c’è praticamente spazio per la narrazione ma solo per il lirismo. Questo anche quando Ciaccia si sofferma a descrivere i suoi due posti del cuore: Genova (in Genova è del mare) e la Sardegna (in Duamizzaeottointerpretato in dialetto sardo). Così come erano iniziate, le pagine del diario si chiudono nella propria stanza in Somme che già dal titolo è l’epitome del disco: “Ho viaggiato per mari e per monti e adesso/ gira e gira eccomi qua/ sono qui in questo letto di notte e ricordi/ mentre abbraccio la mia musica”. E davvero, per certi aspetti, in Liberi confini Ciaccia fa percepire la musica come oggetto salvifico nell’attesa del vero amore.

Alcune considerazioni, infine, sui testi. Ciaccia ha sicuramente una capacità nell’imprimere nel verso immagini di un certo effetto poetico (come nella anaforica Tempo al tempo). Alle volte, però, si ha l’impressione che la ricerca spasmodica della rima (anche imperfetta per consonanza) abbassi il livello qualitativo. Si veda, a mo’ di esempio, la presenza della rima “facile” desinenziale nella strofa finale di Genova è del mare: “Genova porta aperta ad aspettare/ il figlio prodigo che vuol tornare/ e che la vuole amare/ Genova, che è del mare”

Apparso su: http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/liberi-confini/

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